L'edificio
Via Mari 10
Il vigneto più piccolo del mondo.
Nel 1786 era la sede della “Congregazione Generale delle Opere Pie” all’interno si trovano ancora tracce di nicchie votive di quell’epoca. I palazzo ha subito vari interventi di restauro, dal progetto originale, ma ha sempre testimoniato il passaggio nei secoli di varie famiglie potenti della città, fino ad arrivare all’attuale proprietà. La facciata è rivolta a levante ed entrando nell’androne si assiste al dialogo provocatorio tra la piccola scala che coi suoi 61 gradini porta al vigneto sul tetto e le auliche fondamenta cinquecentesche. Nel cortile interno si vedono le vigne piantate che a fatica si dirigono verso l’alto per conquistare il sole fino al quarto piano e si vanno a congiungere con quelle lassù piantate nei vasi, il tutto per creare chicchi di luce in un vigneto che non copia la natura ma la analizza e la scompone in forme elementari per costruire una realtà autonoma fuori dal principio della natura e diventare vincitore del tempo.
L’edificio di Via Mari 10 come ricorda una lapide di marmo, posta sulla facciata è stato testimone di un avvenimento straordinario. Giuseppe Garibaldi in visita a Reggio Emilia il 19 Agosto 1859 si fermò, osservato dalla folla festante, davanti al pozzo all’interno del palazzo e scese dal suo cavallo bianco. Il sole splendeva su quell’uomo dai lunghi capelli dorati, la barba selvaggia che incorniciava un volto buono con lo sguardo limpido dei suoi occhi azzurri, dello stesso colore dei blue-jeans che indossava, ne facevano un santo laico, mai visto prima, proveniente dal Mondo Nuovo. Nella via completamente bloccata dalla gente, le mamme coi pargoli in braccio e per mano sgusciavano dalla marea in visibilio per farli benedire dalla mano del grande condottiero. Garibaldi con l’acqua pura di quel pozzo, ancora esistente all’interno della sede del ViaMari10, battezzò più di cento fanciulli della città. Da quel momento quei ragazzi diventarono sacri e se combinavano delle marachelle la passavano liscia, perché qualcuno ricordava l’episodio e proclamava: “Lesa ster cal ragas, cl’è ste batse da Garibaldi” (Lascia stare quel ragazzo che è stato battezzato da Garibaldi)
La facciata
è rivolta a levante ed entrando nell’androne si assiste al dialogo provocatorio tra la piccola scala che coi suoi 61 gradini porta al vigneto sul tetto…